Un mesto declino

Più ingenui che incapaci

Alfio Marchini ospite di una trasmissione della Sette ha descritto compiutamente le ambasce di molti cittadini romani che dopo vent’anni di amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra non intendono farsi rappresentare più da nessuna delle due parti. Anche se il centrodestra a Roma ha governato solo per una legislatura l’impatto è stato tale da aggravare una situazione già deteriorata gravemente e la latitanza dalla Capitale dell’attuale sindaco Pd è anche frutto dell’imbarazzo di succedere ai guasti della gestione Alemanno. Purtroppo Roma è solo l’anagramma di una questione nazionale dove governo di centrosinistra e di centro destra, si chiamassero Prodi, D’Alema o Berlusconi, hanno avuto la sola funzione di accompagnare mestamente il declino del Paese fino al punto a cui è giunto in quest’ultima legislatura. Anche il tentativo di cooperazione fra i due schieramenti, che pure era una soluzione ragionevole in apparenza, vuoi con il governo Monti e poi per qualche mese col governo Letta, non è servita a mutare lo stato di fatto della lunga crisi italiana. Se ci si pensa, non c’è nemmeno motivo di sorprendersene. Come si poteva credere che a fronte di un malessere profondo che aveva già reso deboli le fondamenta del Paese, bastasse modificare la legge elettorale, superare il multipartitismo, scimmiottare i sistemi anglosassoni che hanno storie e culture e se vogliamo anche religione, molto diverse dalla nostre, per raddrizzare una costruzione tanto storta? Prima ancora dell’incapacità ci sarebbero i danni prodotti dall’ingenuità. È questo il motivo per il quale non abbiamo mai potuto nascondere un certo scetticismo di fondo nei confronti del governo Renzi che pure ha cercato di risalire la china con un qualche spirito d’iniziativa e a volte anche con visione dei problemi. Solo che se poi tutto si riduce al superamento del bicameralismo e si insegue il mito elettorale della legge truffa, è difficile credere che i risultati di questa esperienza possano essere migliori di quelle precedenti. Purtroppo, oramai, si vede palpabilmente che non lo sono. Anche Renzi presto dovrà rendersi conto di aver smarrito il filo, magari il giorno in cui parte cospicua del gruppo dirigente del suo partito gli si metterà di traverso, cosa che accadde a suo tempo anche con Berlusconi, abile altrettanto di Renzi a sollevare molte speranze e deluderle brutalmente. Nemmeno ci si fosse drogati tutti con una stessa sostanza, dal 1994 ci si è sempre più convinti che una risposta utile venisse data dalla riduzione dei partiti, senza rendersi conto che i maggiori dissidi sono sempre nati proprio all’interno dei grandi partiti di governo, la Dc prima fra tutti, ma a guardare meglio, e sarebbe il caso, anche il partito nazionale fascista. L’errore di fondo è stato quello di ritenere che il peso della storia nello scorrere dei secoli si facesse leggero, in realtà l’Italia sembra avvolta nella medesima insuperata crisi di democrazia. E anche di questo Renzi se ne deve essere pure accorto visto che sono tanti ad accusarlo di dittatura personale. Se ci si riuscisse a ricollocare in una condizione politica maggiormente europea, dove i partiti tradizionali sono più o meno sempre rimasti gli stessi, con pochi colpi di testa, riusciremmo ad evitarci il proseguimento di un lungo cammino che non ci ha condotto da nessuna parte, né come progresso del Paese, né come progresso delle coscienze.

Roma, 29 Agosto 2015